Assistiamo oggi ad una forte centratura, in molte azioni educative, sul prodotto, a discapito del percorso e del processo.
Occorre fare molta attenzione a questo aspetto, perché porta inevitabilmente a orientare la propria attenzione , sia di educatori che di allievi , su un determinato risultato troppo spesso uguale per tutti. Francamente questo orientamento è lontano da un approccio creativo che invece è sempre attento, in ogni suo passaggio, a coglierne gli infiniti rimandi e possibilità-.
E’ importante, già nei bambini e fin da piccoli , educare l ‘abitudine di non muoversi con il paraocchi, verso una sola direzione a discapito del “resto del mondo “, ma a saper cogliere tutti gli stimoli e le possibilità del contesto, fornendo risposte personali ed originali .
Queste riflessioni si fondano sulla pratica e sull’ osservazione costante dei bambini e dei ragazzi.
Credete che il vedere sempre più spesso bambini, già a 3 o a 4 anni, irrigiditi, paurosi nello sperimentare, ansiosi di domandare all’adulto il “cosa devo fare”, oppure persi nel “non son capace ” pone molte domande a chi vuole fare dell’educazione un’arte .
Vi è un altro aspetto da considerare: tante volte vediamo consigliare i bambini ed i ragazzi verso alcune discipline puntando direttamente verso il risultato, verso la performance d’eccellenza che il ragazzo deve ottenere .
Questo può andare bene, ma potrebbe anche essere pericoloso .
Non si fa nuoto solo per diventare campioni o per non affogare, ma magari anche per dialogare con un elemento meraviglioso come l’acqua , per educare il proprio corpo, per vivere un’esperienza in gruppo .
Non si fa danza solo per diventare una stella del balletto , ma anche per esprimersi , per godere la musica, per affinare la propria sensibilità, per sperimentare l’armonia dei movimenti e chissà per quante altre cose.
Tutto ciò non rende riduttiva una disciplina, ma a mio avviso consente – nella prima età – di VIVERLA completamente per le sue possibilità e per quello che può insegnare, indipendentemente dal forgiare un atleta o un artista .
Se si vivono le esperienze con piacere, queste ci “lavorano dentro “ , ci formano, ci rivelano molte possibilità ,parlando alla “persona tutta “e diventando formative dell’essere .
La dimensione troppo performatica, troppo fine a se stessa , rischia di rendere le persone troppo competitive, incapaci di perdere, talvolta aride oppure senza l’esperienza di una passione vissuta con autenticità. Tanto è vero che molto spesso i bambini cambiano percorsi , migrando da una disciplina all’altra: dallo yoga al canto, dalla ginnastica artistica al karate sempre con poco PIACERE e con la sensazione che “non piaccia nulla”.
Alla Fattoria delle ginestre utilizziamo varie tecniche, ma sempre rapportate ad un progetto che vede il bambino, il ragazzo, l’adulto al centro del progetto stesso.
Occorre conoscere tutte le tecniche per arrivare a dimenticarle e lasciarsi guidare dai rimandi che offre – all’educatore sapiente – la dimensione educativa stessa che è una relazione fatta anche di messaggi tonici, di intuizioni, di sguardi che incoraggiano e che sanno accogliere, di capacità d’immaginare l’altro.
Talvolta proponiamo anche percorsi che vertono su una tecnica, ma sempre con l’attenzione di cogliere tutto ciò che l’ esperienza può insegnare .Se facciamo teatro , per esempio, siamo attenti a tutto ciò che possiamo imparare mentre impariamo a fare teatro .
Non è uno scherzo o un gioco di parole , ma una realtà che ci offre una ricchezza infinita di rimandi che perderemmo se il nostro solo obiettivo fosse realizzare uno spettacolo di fine anno per esibire i bambini sul palco.
Non abbiate fretta.
Poi lo spettacolo verrà , quando ciascuno sarà pronto. Uno spettacolo per ciascuno e di ciascuno.
E sarà bellissimo!
Silvana Sperati
per Fattoria delle ginestre