Non è un titolo buffo, anzi è una riflessione che faccio con un pò di dispiacere . Chi conosce il mio impegno sa l’attenzione che pongo alle strategie per la migliore crescita dei bambini. Di ogni bambino . Rispetto a questo il disagio che avverto è quello di sentirsi, talvolta, un poco soli . Mi spiego meglio. Mi pare che si tenda – da parte di vari operatori e forse qualche volta anche di alcune famiglie – a delegare sempre di più la responsabilità ( e l’agire ) educativo. Per questo dico, provocatoriamente che i bambini non crescono se annaffiati dal cielo o con il soffiare del vento: l’intenzionalità educativa deve essere presente . Eccome.
Forse la mia è solo una percezione, ma mi pare che oggi da un lato vi sia un gran proliferare di sigle e siglette per definire, anche precocemente, i bambini rispetto a problematiche sempre più spesso emergenti ( dai ” bisogni educativi speciali ” all’ ipercinetismo, eccetera ..) e cercare di “correre ai ripari ” preferibilmente cercando ricette “belle e pronte”, meglio se fornite da uno “specialista”. Tutto questo mentre, parallelamente, sembra venir meno la progettualità educativa didattica che deve accompagnare, costantemente la crescita del bambino .
Si vedono strutture per la prima infanzia che hanno di fatto sostituito l’esperienza, la sperimentazione dei bambini, il dialogo tra coetanei con brutte scheda da colorare (colorare: che brutta parola in didattica, ben altro è dipingere ) o con nozioni in pillola, andando a porre sempre meno attenzione alla relazione educativa didattica che è fatta anche di no, ma soprattutto di stimoli, di domande che fanno pensare, di educazione alla cooperazione tra i pari . Lì intenzionalità educativa , rammento , che deve essere espressa dalla scuola, dalla famiglia ma anche dalle varie agenzia educative.
Tutta la comunità, quindi il contesto in cui è inserito, educa un bambino.
In un mio libro ( “Dire, fare ,baciare” per Alberto Perdisa Editore, Bologna ) sottolineo che la responsabilità educativa deve fare capo ad ogni operatore che si trova ad agire con un bambino: dal maestro di nuoto a quello di tennis , dal professore di musica all’operatore di fattoria didattica : ogni volta che ci rapportiamo ad un bambino dobbiamo avere chiaro che il nostro è anche un ruolo che riveste una responsabilità educativa .
Oggi invece ci troviamo, spesso nella situazione nella quale ” nessuno dice ( o rischia ) nulla ” .
- Se si vede un bimbo in difficoltà si tende a a lasciar stare (tanto non ce la fa: inseriamolo in un progetto speciale )
- Se si vede un bimbo con disagi relazionali si lascia correre ( meglio non “scontrarsi” con i genitori )
- Se si vede un bimbo in disparte oppure altri in atteggiamenti da bulletti e non ci si impiccia ( non sono “fatti nostri ” )
Questa ricerca del quieto vivere, questa deresponsabilizzazione, questo cercare il consenso, non va proprio bene per chi invece s’impegna ( o dichiara di volerlo fare ) a giocare la cifra della educazione, fino a scegliere di non starsene in disparte sulla comoda sedia del “non tocca a me “.
Chi ” educe” è colui o colei che sa scommettere sulle persone e sulle persone bambine. Non è chi, invece ama il quieto vivere, che non dice la sua, chi “lascia correre”.
Educa chi sa scommettere fino in fondo sull’altro, sulle sue capacità di farcela ( spesso prima ancora che l’allievo stesso se ne renda conto ), chi sa far sentire le possibilità, ma anche i limiti . Perché per educare veramente occorre avere il coraggio di dire dei si, ma anche tanti no. Occorre sapere osservare attentamente ogni situazione e fornire risposte e proposte adeguate a quel contesto specifico, così da far evolvere al meglio ogni personalità.
Riflettiamoci perché “fa male ” vedere ragazzini che sembrano “senza controllo”, giovani che non hanno più desideri , persone che finiscono per preferire una compagnia elettronica al vivere il quotidiano, di cui spesso non sopportano la sfida e le potenzialità ( che non sanno percepire come occasione creativa ), tanto che ogni cosa appare come un peso.
Invece una buona educazione che comporta la vera attenzione a ciò che il bambino apprende e sente , già nei primi anni di vita, ci permetterà di scommettere ( e vincere ) un futuro migliore .
Silvana Sperati